martedì 18 agosto 2009

LACRIME D'INVIDIA di Massimo Gramellini

Uno studio commovente rivela che ogni donna passa in media 16 mesi della sua vita a piangere. Le lacrime vengono versate negli appositi cuscini e fazzoletti, in prevalenza durante le ore notturne, e hanno un effetto positivo sulla psiche e sul fisico della frignante, squassato da benefiche scosse. Mi viene da piangere. D'invidia. Come molti maschi, infatti, faccio sempre più fatica a lasciarmi andare a uno scroscio liberatorio.
L'unica lacrima che frequento con assiduità è quella in versione patinata: il leggero velo che lubrifica l'occhio in risposta a una sollecitazione visiva, di solito un'immagine di guerra o di miseria, diffusa (sempre più di rado) dai telegiornali. Ma si tratta di impulsi superficiali, come le lacrime dei vip che si commuovono a comando e a favore di telecamera.
Niente a che vedere con quei pianti che da bambino ci pompavano l'amaro su dalle viscere: pianti col risucchio e gemiti strozzati in gola. Le donne li producono ancora. Magari cominciano da un attacco di isteria, che però riesce a inerpicarsi fino ai territori purificanti del dolore. E non fanno sempre la scena. Spesso spremono da se stesse lacrime sincere, quelle che si piangono in solitudine e in una stanza buia e priva di specchi.
Ciò detto, la mia impressione - non suffragata da alcuna statistica - è che un po' tutti, maschi e femmine, si pianga e si rida di meno. Il risultato è questa umanità rattrappita. Trattenuta fuori e furibonda dentro, che invece di piangere e ridere, ghigna o sghignazza, ma non scarica nulla e poi esplode all'improvviso.

Massimo Gramellini
La stampa, 14/08/2009

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