martedì 6 marzo 2007

I nomi dei minerali mi affascinavano in modo particolare – il loro suono, le loro associazioni, il loro modo di trasmettere un’idea di genti e luoghi. I nomi più lontani nel tempo davano un senso di an­tichità e alchimia: corindone e galena, orpimento e realgar. (Orpimento e realgar, due solfuri di arseni­co, si legavano eufonicamente, e mi facevano pensa­re a una coppia dell’opera, come Tristano e Isotta). Poi c’erano le piriti, l’oro degli sciocchi, in cubi vi­stosi e metallici, e il calcedonio, il rubino, lo zaffiro e lo spinello. Zircone aveva un suono orientaleg­giante, calomelano aveva un che di greco quella sua dolcezza melliflua, quel suo “mel”, smentiti dal­la tossicità. C’era il sale ammoniaco, cloruro d’am­monio, che suonava medioevale. E poi c’erano an­cora il cinabro, il pesante solfuro di mercurio rosso, e il massicot e il minio, i due ossidi gemelli del piombo.
Alcuni minerali, poi, prendevano il nome da per­sone. Uno dei più comuni, responsabile di gran par­te del colore rosso esistente al mondo, era l’idrossi­do di ferro denominato goethite. Era semplicemen­te in onore di Goethe, oppure era stato scoperto proprio da lui? Avevo letto che Goethe aveva una passione per la mineralogia e la chimica. Molti mi­nerali presero il nome di chimici famosi, c’è la gay­lussite, la scheelite, la berzelianite, la bunsenite, la liebigite, la crookesite e la splendida, prismatica proustite, di color grigio argento e dai riflessi rossi. La samarskite prendeva il nome dal colonnello Sa­marski, un ingegnere minerario. C’erano poi altri nomi evocativi, con un carattere più specifico: per esempio la stolzite, un tungstato di piombo, e anche la scholzite. Chi erano Stolz e Scholz? I loro nomi mi sembravano molto prussiani, e questo, subito dopo la guerra, evocava sentimenti antitedeschi. Immagi­navo Stolz e Scholz come ufficiali nazisti dalla voce abbaiante, con bastone da stocco e monocolo.
Altri nomi mi affascinavano semplicemente per il loro suono o per le immagini che evocavano. Mi piacevano le parole derivanti dalle lingue classiche, come diasporo, anatasio, microlite e policrasio, e il fatto che descrivessero semplici caratteristiche: la forma, il colore e le geometrie dei cristalli e le pro­prietà ottiche dei minerali. Uno dei miei grandi fa­voriti era la criolite, «pietra di ghiaccio», prove­niente dalla Groenlandia, con un indice di rifrazio­ne talmente basso che era trasparente, quasi spet­trale e, proprio come il ghiaccio, invisibile nell’ac­qua.
Molti elementi devono il loro nome al folclore o alla mitologia, ed esso a volte rivela un poco della loro storia. Un kobold era un folletto o uno spirito maligno, un nickel era un demone: entrambi i termi­ni erano usati dai minatori sassoni quando i minera­li del cobalto e del nichel si dimostravano infidi e non cedevano quanto avrebbero dovuto. Il nome tantalio evocava l’immagine di Tantalo, nell’Infer­no, torturato dalla vista dell’acqua che si ritraeva ogni qualvolta egli si chinava per bere; l’elemento ricevette quel nome, stando a quanto lessi, perché il suo ossido non riusciva a “bere l’acqua”, in altre parole, era incapace di dissolversi negli acidi. Il nio­bio prese il nome da Niobe, la figlia di Tantalo, per­ché i due elementi erano sempre rinvenuti insieme. (I miei libri risalenti agli anni intorno al 1860 elen­cavano, in questa famiglia, anche un terzo elemen­to, il pelopio, Pelope era il figlio di Tantalo, che il padre cucinò e servì agli dèi; in seguito, però, ci si avvide che quest’ultimo elemento non esisteva).
Altri elementi avevano nomi astronomici. C’era l’uranio, scoperto nel diciottesimo secolo e che por­tava il nome del pianeta Urano; qualche anno dopo il palladio e il cerio furono così chiamati per asso­ciazione con Pallade e Cerere, due asteroidi di re­cente scoperta. Il tellurio aveva un bel nome greco legato alla Terra, e venne spontaneo, quando si sco­prì il suo analogo più leggero, chiamarlo selenio, al­lacciandolo così alla Luna.

Oliver Sacks - Zio Tungsteno


domenica 4 marzo 2007