lunedì 29 novembre 2010

martedì 23 novembre 2010

Così parlò Zarathustra XVI

Fioccano le anticipazioni del nuovo libro del Papa, nel miglior stile di Bruno Vespa. E tutti i giornali ci cascano, nell’uno come nell’altro caso. Che dire? Beati i papi, della Chiesa o della Rai, che riescono ad attirare l’attenzione dei loro simili, pur non dicendo mai nulla di nuovo. Soprattutto il primo, le cui parole vengono addirittura presentate come «rivoluzionarie», quando non segnano neppure un passaggio dall’Alto al Basso Medioevo.

La prima supposta novità sarebbe la sua disponibilità alle dimissioni, quando ce ne fosse il bisogno. Disponibilità già manifestata sia da Paolo VI che da Giovanni Paolo II, che però si guardarono bene entrambi dal darle, quando ce ne fu effettivamente bisogno. Il secondo, in particolare, se ne stette col sedere attaccato alla cattedra di Pietro fino all’ultimo, continuando a ripetere che se ne sarebbe andato solo quando il Signore l’avesse chiamato. Salvo poi, quando il Signore lo chiamava per davvero, correre al Policlinico per ritardare la chiamata: beninteso, con un codazzo di telecamere al seguito.

Non parliamo della faccenda dei preservativi, sui quali Benedetto XVI sembra avere idee parecchio confuse. I media si sono eccitati perchè il Papa ha detto che «vi possono essere singoli casi in cui l’uso è giustificato». Ma bastava leggere la frase successiva per farsi una bella risata: secondo il Papa, un esempio di questi casi sarebbe infatti «quando una prostituta utilizza un profilattico, e questo può essere un primo passo verso una normalizzazione».

A chi si sarà domandato in che modo le prostitute dovrebbero usare il profilattico, la sala stampa ha precisato che si trattava di un errore di traduzione: il Papa aveva parlato di prostituti, al maschile. Bravo, cosí almeno si capisce dove essi possano metterselo. Ma rimane fitto il mistero su quale sarebbe la «normalizzazione», verso la quale tenderebbe il prostituto che indossa il profilattico. Forse, quella delle statue dei Musei Vaticani, con le pudenda impacchettate in foglie di fico? O quella del macho che preferisce non avere rapporti sessuali, invece che averli in maniera protetta?

Verrebbe da dire che sarebbe meglio per il Papa parlare di ciò che sa, se non fosse che questo rischierebbe di farlo tacere in eterno. Perchè il povero Benedetto XVI sembra ignaro persino dei fatti di casa propria. Ad esempio, sostiene che se avesse saputo che fra i lefevriani c’erano dei filonazisti, non avrebbe revocato loro la scomunica. Ma non era stato proprio lui, per ventisette anni, a guidare l’analogo dell’Fbi o del Kgb vaticano? E chi altro avrebbe dovuto accorgersene, se non il Grande Inquisitore tedesco?

Il vero mistero sembra essere l’eccesso di interessamento che i media hanno dimostrato per questo eccesso di sciocchezze. Nessun giornale si è invece interessato, o se qualcuno l’ha fatto io non me ne sono accorto, all’istruttiva risposta di Benedetto XVI alla lettera di Ahmadinejad, della quale abbiamo parlato qualche post fa. La risposta risale al 3 novembre, e conferma il sospetto che i due se la intendessero, nell’essenza.

Dice infatti il Papa romano, echeggiando il Presidente iraniano: «E’ mia profonda convinzione che il rispetto per la dimensione trascendente della persona umana sia una condizione indispensabile per la costruzione di un ordine sociale giusto e una pace stabile. Quando la promozione della dignità della persona umana è l’ispirazione primaria dell’attività politica e sociale che è rivolta alla ricerca del bene comune, si creano fondamenta solide e durature per costruire la pace e l’armonia fra i popoli».

Il che dimostra che il Papa non solo non capisce niente di preservativi e anticoncezionali, ma neppure di politica e di storia. In particolare, del ruolo fondamentale che le religioni sua e di Ahmadinejad hanno avuto nel fomentare la costruzione di ordini sociali ingiusti e guerre continue e durature, a partire dal Medio Oriente.

L’ovvia realtà è invece che la sparizione dei fondamentalismi di cui Benedetto XVI e Ahmadinejad sono i rappresentanti è una condizione necessaria per l’instaurazione della giustizia e il raggiungimento della stabilità. Non è certo sufficiente, ma fino a che ci sarà gente come loro e i loro seguaci, non andremo molto lontano sulla via che potrebbe condurre alla giustizia e alla pace.


Piergiorgio Odifreddi, Repubblica.it - 23/11/2010

domenica 14 novembre 2010